Ospitiamo oggi sul nostro sito Franco Zanetti, il Direttore Editoriale di Rockol.it, che fra pochi giorni dovrà presiedere la giuria italiana dell’Eurovision Song Contest 2015.

Giornalista musicale fra i più noti, Zanetti negli anni ha lavorato come discografico (EMI, CGD e Sugar) e produttore per artisti come Ivan Cattaneo, Enrico Ruggeri e Sergio Caputo. Ha fatto parte di diverse commissioni e giurie per concorsi musicali (SanremoLab, Castrocaro e Amici di Maria De Filippi).

L’abbiamo raggiunto telefonicamente per una chiacchierata sull’ESC e per scoprire come si sta preparando al suo impegno di giurato.

Buongiorno Signor Zanetti, possiamo cominciare chiedendole in quale modo ha conosciuto l’Eurovision e che cosa pensa di questo concorso?

L’ho conosciuto grazie al mio collega Eddy Anselmi (membro della delegazione italiana N.d.R.), mio “compagno di banco” in sala stampa al Festival di Sanremo, che mi ha fatto appassionare all’Eurovision. Quando quest’anno mi hanno chiesto di fare parte della giuria italiana, ho accettato volentieri perché trovo divertente che all’Eurovision siano rappresentati così tanti generi ed espressioni musicali. A noi italiani, per i nostri gusti e abitudini, alcuni possono sembrare lontani da ciò con cui abbiamo più familiarità, però trovo che siano interessanti e sorprendenti quindi, dato che sono una persona curiosa, mi fa piacere poter seguire questa manifestazione in un ruolo utile.

Soprattutto sino a qualche anno fa, l’Eurovision era stato spesso etichettato come evento trash e baraccone. Cosa ne pensa?

Sono un grande appassionato del “pop” in tutte le sue manifestazioni. Credo sia presuntuoso definire “baraccone” una manifestazione dove legittimamente ogni nazione presenta una forma di espressione musicale che è quella in cui crede e che le è familiare. Certo, a volte, ci sono esibizioni eccessive, ma al nostro occhio. D’altra parte, l’anno scorso, l’Italia non ha dato una dimostrazione di compostezza ed eleganza particolare, con tutto il rispetto per il progetto Emma.

In effetti, quella di Emma è stata un’esibizione molto diversa da ciò che avevamo proposto negli anni precedenti.

Sì, ma questo è un tipo di operazione che a volte gli italiani fanno. Pensiamo di non essere considerati se proponiamo qualcosa di tipicamente nostro, per cui si prova a proporre qualcosa di simile ad altre culture. Ma questa è una considerazione generica, perché non tutti gli altri Paesi propongono esibizioni sopra le righe. In secondo luogo, o in questo tipo di performance ci si crede davvero oppure è inutile proporle. Se in Italia le canzoni, di norma, si presentano in un modo più sobrio, quale ragione c’è di inventarsi un’esibizione, evidentemente studiata, ma che non ci assomiglia e nella quale non possiamo rispecchiarci? Dovremmo portare qualcosa di nostro. Bisogna ricordare che la canzone nel mondo è considerata tale se è cantabile, orecchiabile e commerciabile. In Italia questo concetto fatica a passare perché sembra che debbano piacere solo brani impegnati con testi astrusi o complicati. La canzone è una forma di espressione popolare. Gli ABBA non sono andati all’Eurovision con una canzone d’autore, ma con una grandissima canzone che cantiamo ancora adesso.

Un po’ come a Sanremo dove la canzone che alla fine vince è sempre quella più facile e immediata?

Sì! Ed è giusto sia così. Le votazioni si basano sul primo ascolto. Credo che dal punto di vista dei giurati ci sia spesso un atteggiamento un po’ spocchioso per cui il giurato, in quanto tale, debba apprezzare solo musica colta, elevata e complicata. Io non la penso così e non voterò certamente con quel criterio. Voterò la canzone che mi diverte di più e, magari, anche il personaggio che trovo più interessante.

Basti pensare a Conchita Wurst, l’anno scorso, che ha vinto perché è riuscita a presentare una grandissima idea, ma anche perché ha cantato una bella canzone classica e l’ha cantata benissimo… Sembrava Dionne Warwick! L’espediente della barba è stato di aiuto, ma in tutte le manifestazioni, l’immagine va considerata perché è ciò che ci colpisce da subito. Se poi all’immagine non corrisponde un contenuto, allora si tratta di una gag, ma di fronte a un’immagine forte e a un contenuto valido, trovo che sia ragionevolissimo che abbia vinto Conchita.

Come “membro anziano” della giuria non ho assolutamente intenzione di influenzare il voto degli altri giurati, perché trovo giusto che ogni membro della giuria voti secondo coscienza e gusto, ma spero che votino la canzone e l’interprete e non secondo altri aspetti secondari alla canzone. L’Eurovision Song Contest, come dice il titolo, è un concorso di canzoni.

Un concorso di canzoni, ma anche un grande show televisivo dove la componente visuale è molto importante.

Certo, dal punto di vista organizzativo e televisivo è un esempio di grande show, che ha molto da insegnare al nostro Sanremo e che in Italia non si fa più dai tempi di “Studio Uno”. Trovo sia piacevole passare qualche sera a guardarlo in TV. Forse, in Italia, meriterebbe di essere affidato a conduttori popolari, noti e che si evitassero forme di snobismo per cui nel commento fuori campo si prendono in giro i concorrenti. Mi piacerebbe venisse considerato come un grande spettacolo di canzoni ed espressione dei gusti dell’Europa.

Quest’anno sarà Il Volo a rappresentare l’Italia. Cosa pensa di questo trio e del fatto che spesso siano molto criticati per il loro genere musicale?

Il Volo è precisamente quello che all’estero si aspettano dall’Italia. Non è un caso se Bocelli, all’estero, abbia avuto un enorme successo. Bocelli piace per la sua voce, per la sua storia e per le sue vicende personali, ma soprattutto perché rappresenta la classica melodia italiana. La nostra storia musicale va dalla canzone napoletana alla canzone melodica: veniamo apprezzati e siamo riconoscibili per questi generi.

Inoltre credo che sia importante che nel testo del brano de Il Volo ci siano parole facilmente comprensibili dagli stranieri come “Amore” e “Cuore”. È inutile voler apparire per quello che non siamo. Quando saremo bravi a fare l’heavy metal allora potremo portare quello all’Eurovision.

Anche perché all’Eurovision lo stereotipo normalmente funziona.

Il gusto popolare del pubblico italiano è per la canzone melodica. Pensiamo solo che in una vasta area dell’Italia, il genere musicale più ascoltato è il neomelodico napoletano.

La vera sorpresa della vittoria di Conchita non è stata tanto lei o la sua canzone, ma il fatto che l’Austria non abbia presentato una canzone schlager, genere che personalmente mi diverte molto perché è assolutamente ciò che mi aspetto di sentire dall’Austria. Naturalmente hanno fatto bene a portare all’Eurovision l’immagine forte di Conchita, piuttosto che cantanti jodel con costumi tipici che fingono di darsi schiaffi sul sedere, perché a quel punto sarebbe diventato uno stereotipo pesante.

Chiaramente non intendo dire che l’Italia debba farsi rappresentare da un neomelodico, ma Il Volo con un brano classico come “Grande Amore” ha buone possibilità di fare bene. All’Eurovision si può fare bella figura in due modi: piazzandosi bene o vincendo, oppure con una proposta originale e convincente e, a questo punto, non è obbligatorio vincere. Se l’intento di chi lavora alla partecipazione italiana è quello di vincere, ha fatto benissimo a portare Il Volo all’Eurovision. Se anche non avessero vinto Sanremo, Il Volo sarebbe comunque stata la scelta migliore, nonostante io non sia un fan dei tre ragazzi. Ma io sono un giornalista musicale, non un critico, e voglio raccontare ciò che vedo e in questo momento vedo che Il Volo a Sanremo è piaciuto e che all’Eurovision potrà fare bella figura.

Ma se dipendesse da lei, l’Italia in quale modo e da chi potrebbe essere rappresentata nei prossimi anni?

Prima di tutto penso che dovrebbero essere più chiare le modalità di scelta del rappresentante italiano. O si decide che chi vince Sanremo va all’Eurovision e, in caso di rifiuto, va il secondo classificato e così via. Oppure si incarica una commissione di scegliere ogni anno, indipendentemente da Sanremo, chi va all’Eurovision secondo criteri che si dà la commissione stessa.

Detto questo io penso che se ci andasse Jovanotti, l’Italia farebbe una gran bella figura, nonostante non faccia la classica musica italiana. Jovanotti, però, in questo momento, rappresenta una parte della musica italiana. Pensiamo a un altro nome importante della nostra musica come Francesco De Gregori. Con lui, forse, non faremmo la stessa bella figura, perché per apprezzare i suoi brani bisogna capire il testo, cosa difficile per l pubblico europeo. Un altro nome che all’Eurovision avrebbe potuto funzionare è Zucchero, col suo soul rivisto all’italiana e il mix della nostra lingua con l’inglese. 

Ma nomi come Jovanotti e Zucchero andrebbero all’Eurovision? 

Qualcuno gliel’ha mai chiesto? Partecipare all’Eurovision dà la possibilità di farsi vedere, in una sola sera, da milioni di persone. Chi ci dice che Jovanotti non voglia farsi conoscere da tutta Europa? Nel suo ultimo album doppio, c’è un brano, “L’estate addosso”, che ha le potenzialità di “Vamos a la playa” dei Righeira. “L’estate addosso” è una fotografia di una parte della musica italiana attuale.

Ha già ascoltato i brani che dovrà giudicare o li ascolterà per la prima volta nel momento in cui dovrà votare?

No, non li ho ascoltati. Anche quando vado a Sanremo, e ormai ci vado da 36 anni, preferisco non ascoltarli prima, ma scoprirli insieme al pubblico. Voglio capire quale effetto mi fa un brano al primo ascolto. Voglio fare lo stesso per l’Eurovision, perché credo sia quello il senso, scoprire le canzoni insieme al pubblico. Perché io dovrei dare una valutazione più competente? Non mi interessa, io voglio essere il pubblico e, quindi, se il regolamento non prevede un preascolto obbligatorio, preferisco farmi un’idea in quei tre minuti di esibizione.

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