Parte stasera la Grande Festa, dopo mesi di polemiche e speculazioni, di paure per la tabella di marcia, per i soldi e per la politica che imperversa più di ogni altra occasione.

© Andres Putting/EBU

A Kiev è tutto pronto, nonostante alcune imperfezioni derivanti dalla differente concezione spazio temporale dell’Est rispetto all’Ovest (perché queste differenze esistono tuttora, e sono molto vive) le lamentele che giungono dal Press Center di Kiev sono più quelle di un bambinetto viziato poiché le cose sembrano funzionare, pur con qualche inciampo.

In ogni modo il fantasma della Russia aleggia e non potrebbe essere diversamente: l’Eurovision Song Contest, nella sua crisi più nera, ha perso di un colpo un terzo dei suoi potenziali telespettatori dislocati in due terzi della superficie complessiva dell’area EBU. Questo dopo aver perso da alcuni anni la Turchia.

Ogni riflessione sull’argomento è rimandata a partire da lunedì prossimo: si profilano all’orizzonte sanzioni per i protagonisti della zuffa senza naturalmente attribuire alcuna responsabilità all’EBU per una gestione non troppo accorta di questa questione. Oppure qualche broadcaster deciderà di mettere la testa dentro la scatola e rivederne la governance, visto che sono comunque in ballo soldi pubblici.

Le canzoni di quest’anno sono il consueto mix di pop, ethno e così via, si nota una certa mancanza di originalità e molti brani molto terra a terra che vengono dimenticati un secondo dopo l’esibizione. Scenografia faraonica anche se staging un po’ distraenti.

Per questa prima semifinale si sono fatti apprezzare il Portogallo (con ridda di voci sulle condizioni di salute dell’artista che si è dovuto fare sostituire dalla sorella nelle prime prove), la Finlandia con le sue arie new age che non si sentivano da almeno trent’anni mentre il Belgio, tra le favorite della vigilia ha deluso per una presenza scenica non adeguata alla canzone scritta dalla cantante stessa.

Sembra anche che il pezzo presentato dal Regno Unito sia davvero bene eseguito, almeno gli inglesi non potranno appellarsi al discorso Brexit per giustificare un’eventuale insuccesso. Gli spagnoli impressionano negativamente. Gabbani è il protagonista assoluto, il più ricercato, il più seguito, il più ammirato.

L’impressione è comunque che il concorso abbia davvero bisogno di una vittoria italiana questa volta, sia per dare un po’ di forza ad un’edizione un po’ moscetta sia per ospitare la prossima edizione in un ambiente più sereno: l’Italia ha una lunghissima tradizione nell’ospitare eventi di pace ed è tradizionalmente un luogo che ispira ed unisce.

Tutto sommato allo stato attuale forse è più l’Eurovision ad avere bisogno di Gabbani che viceversa.

E magari verrà salvato da una scimmia. Che balla.

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