Nuova prova e nuova conferenza stampa del Volo. I ragazzi hanno avuto la possibilità di salutare nuovamente la “presentatrice Céline Dion” e di intrattenersi con i giornalisti, nel loro modo solito, che ci hanno fatto conoscere l’altra volta. E’ bello vederli così positivi, ed è bello vedere le reazioni intorno a loro.

Mentre comincia a piovere, arriviamo all’EuroVillage, davanti alla sede del Comune di Vienna, per vedere il concerto dei “Cinque Grandi più l’Austria e l’Australia”. Mentre ringraziamo la ORF, la televisione austriaca per aver pensato a dei simpatici parapioggia non molto dissimili a sacchi della spazzatura, ma molto utili in queste situazioni, ci avviciniamo al palco, e il commentatore presenta Guy Sebastian, che non avevo mai avuto la possibilità di sentire per tre canzoni di seguito. Una bella voce diversa dal solito e i continui melismi te lo fanno amare.

Abbiamo proseguito con un tributo a Udo Jurgens, il vincitore austriaco del 1965, deceduto quest’anno.

Poi comincia a piovere con una certa intensità. Questo non ferma gli Electro Velvet, che cantano sotto la pioggia, riuscendo anche a far sentire lo scat. E poi arriva Louise Angell. Per pietà l’organizzazione manda un ragazzo con il poncho e un ombrello a coprirla, e lei gli si appoggia al braccio e comincia a ballare con lui. Avete presente quei balli di gruppo che si fanno prendendosi per le braccia e formando una fila, o eventualmente un cerchio, e prima stendendo la gamba sinistra verso destra e poi la gamba destra verso sinistra, battendo così il tempo? Ecco, tipo quello. Louisa Angell batte il tempo con il ragazzo della ORF.

La pioggia continua e i Paesi rimanenti fanno notare che cantare sotto la pioggia, anche se in determinate situazioni è risultato molto allegro, in questo caso specifico potrebbe creare dei problemi alla tenuta della voce dei cantanti, non tanto stasera, quanto per il giorno della finale. Allora Ann Sophie si da malata, ma assicura che presenterà certificato medico, mentre Edurne e l’Italia tengono duro e si presentano, cantando solo la canzone dell’Eurovision.

I tre ragazzi del Volo salgono sul palco e smette di piovere. E’ sicuramente un segno. Iniziano a cantare e ci scordiamo della pioggia e del freddo. Riempiono con la loro voce tutto quello che c’è intorno, il palco, la platea e l’aria, su fino alle nuvole.

Nel frattempo che aspettavamo di partire verso la cena e poi la Festa di OGAE International all’EuroFan Café, mi ritrovo senza accorgermene, a dormire sul letto. Troppe cose da fare e un orario di lavoro che comincia alle nove di mattina e finisce alle tre di notte si fanno sentire (Mans, lo sai che ti capisco….) e l’amico Enrico scatta una foto, che è diventata, come si dice ormai spessissimo, virale su Facebook. Se la vedete, sono sdraiato sul letto e dormo, ancora vestito e con gli occhiali, con la giacca jeans nera che lascia scoperta la polo a manica lunga della Ferrari (che è importante perché è tutta rossa e non perché è della Ferrari), ma la parte più bella è il braccio sinistro. Lasciandolo steso sarebbe rimasto in sospensione, quindi, quando mi ero sdraiato, invece di lasciarlo aderente al corpo, l’ho piegato all’indietro, con il risultato che il titolo della foto è diventato: “La Rivoluzione non Russa, e l’Eurovision neanche”.

Dopo questi bellissimi momenti, arriviamo all’EuroFan Café. L’elenco degli ospiti era abbastanza variegato, perché accanto a Maria Elena Kiriakou e Kurt Calleja, c’erano anche i vincitori di edizioni più vecchie o anche antiche, come Jacqueline Boyer (1960!) oppure Anne Marie David (1973). Il piccolo Kurt si è un poco inquartato da come ce lo ricordavamo a Baku, ma a noi sta sempre simpatico. Però ci deve ancora spiegare come si fanno le mosse del balletto della sua canzone (This is the night – Malta 2012). Ieri sul palco ci ha detto che all’incirca dobbiamo fare in questo modo: per la posizione iniziale posizioniamo i piedi a “V”, attaccati ai talloni e staccati dalle punte, per la seconda posizione solleviamo le punte e le portiamo a congiungersi, immediatamente dopo, facendo forza sulle punte, stacchiamo i talloni, e poi, all’incirca nelle sue parole “facciamo un po’ quell’accidenti che vogliamo”. E grazie anche a te, Kurt. Continuiamo a volerti bene.

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